Bafang 30 dicembre 2005

Finalmente abbiamo informazioni sulla destinazione di oggi: sappiamo che andremo a Bafang accompagnati da Daniel, lo zio di David.
Lui ci ospiterà nella sua casa di campagna dove passeremo la notte.
Bafang si trova a circa 60 km da Bafoussam e a circa 300 km a nord di Youndè.
Nella vicina Bana visitiamo la Chefferie locale. Il re però è impegnato e non può riceverci. Facciamo un giro all’interno e poi via in giro per la campagna.

Arriviamo a casa di Daniel per una breve sosta, intorno all’una. Scopro con orrore che dormiremo in un letto senza lenzuola! Sono arrabbiata, sì, perché i sacchi letto li avevo portati dall’Italia, ma non sapendo mai dove avremmo dormito, molta roba l’avevamo lasciata nella casa di Bafoussam.
Ovunque guardo vedo sporco e ancora sporco, mentre un brivido mi corre lungo la schiena al solo pensiero che avremmo dormito su un materasso che sembrava un pulciaio.

Alle due Daniel ci porta mangiare in una specie di ristoro per gli autobus, un mercatino lungo la strada pieno di colori e di gente.

Spiedini di topo

Spiedini di topo

Giovanni assaggia gli spiedini di rat, topo di campagna. Quello sarà anche la nostra cena.

Nel pomeriggio scopriamo con gioia e sorpresa un luogo fantastico: la casa del padre naturale di Pierre.
Ci accompagna a vedere le api e a raccogliere il vino di rafia, quello che loro qui chiamano “vin blanc”.

papa-pierre

Il padre di Pierre

Parlando con Pierre scopriamo che suo padre è un notabile della Chefferie, una persona molto importante, addetta alla custodia e al controllo di una parte dei confini del territorio della Chefferie. Una sorta di conte locale.

Vive da solo, come una specie di sciamano in una casa di mattoni rossi, tipica del luogo. Dorme su un letto di legno senz’altro che una coperta per coprirsi. Il suo cuscino è una specie di mensolina a forma di rullo di legno durissimo che, col tempo gli ha procurato un enorme callo, quasi un ascesso, al collo.
Ogni tanto una delle sue due mogli gli porta da mangiare.

Io e Alain mentre beviamo vino di rafia detto "vin blanc"

Io e Alain mentre beviamo vino di rafia detto “vin blanc”

Nel terreno che la Chefferie gli ha dato in concessione si trova di tutto per sopravvivere bene. La quantità di risorse che la foresta camerunese offre è davvero straordinaria: meloni, caffè, papaya, banane, peperoncino, vino, miele,… La foresta è una meraviglia.
Il padre di Pierre ci offre il suo vino di rafia e dei frutti della passione. Stiamo bene. Per noi questa è l’Africa.

Torniamo verso casa. Ci aspetta per cena una grossa pantegana. Alain l’aveva comprata al mattino da un venditore ambulante, un cacciatore di topi di campagna, che avevamo incontrato al mercatino dove c’eravamo fermati per il pranzo. Alain aveva chiuso il topolone morto nel bagagliaio della nostra auto e per tutto il viaggio ci aveva seguito sopportando il caldo e gli scossoni dell’auto sulle sterrate.
Ora i nostri bagagli puzzano di cadavere, mentre da fuori ci invade un odore acre e nauseabondo di carne e pelo bruciati e di interiora putrefatte. Nella vicina casetta in costruzione accanto alla casa di Daniel, Alain sta preparando la cena: stufato di ratto con patate. Fortuna che al mercatino abbian comprato delle banane.

pantegana-bana

Cacciatore di topi di campagna

Durante la cena osservo i nostri ospiti mangiare con soddisfazione quella povera bestia così maltrattata, mentre noto sul volto di Giovanni una smorfia di disgusto dopo il primo boccone. Non l’ho mai visto così in difficoltà, nemmeno quella volta in cui, a Pantelleria, gli cucinai a casaccio una povera murena catturata nel pomeriggio da alcuni amici.

Mangio le mie piccole banan (ho assaggiato il topo ma mi son rifiutata di continuare) e mi guardo intorno. Vedo un grosso ragno nero e peloso osservarci dal soffitto colorato a macchie d’ogni sorta di marrone. Vedo la pelle morta di un grosso serpente appesa a mo’ di trofeo. Vedo degli schiacciamosche fatti di crine di qualche animale. Vedo disordine, sporco, incuria e decadenza ovunque. Ma la gente qui sembra non curarsene.
Mi chiedo se sia io a sbagliare atteggiamento. Voglio dire: siamo noi occidentali che essendoci dati un ordine in tutte le cose giudichiamo gli altri disordinati? E poi penso alla malaria. È una delle prime cause di morte qui in Camerun, credo subito dopo l’AIDS. Da quel che so è causata principalmente dalla stagnazione dell’acqua. Nelle città e nei villaggi le fogne sono solo cielo aperto, fa molto caldo e l’igiene manca quasi completamente.
Perché, mi domando, qui non si curano di prendere precauzioni igieniche? È vero che il problema principale è quello di mangiare per sopravvivere. Ma sopravvivere vuol dire anche non ammalarsi. E vivere tra i rifiuti, lo smog e il sudiciume antico delle case significa infezione! Ma la gente è calda, è ospitale, sorride quasi sempre e sembra serena e sveglia. Ma allora perché non si prende più cura di se stessa?

Author Silvia Pittarello

Viaggiare è una palestra dove allenarsi alla tolleranza, all'umiltà, alla gestione del tempo. Viaggio più che posso e quando mi fermo scrivo, per raccontare viaggi, storie di impresa, di cultura e di scienza e organizzare e veicolare contenuti per interfacce web e mobile, come fa un bravo content specialist col pallino per il copywriting e lo storytelling.

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