Bafoussam 1 gennaio 2006

Petrolio e dittatura in Camerun: questo è l’argomento del nostro primo giorno del 2006, qui in Camerun. Ne parleremo con Gaetan, che ci ha invitato a festeggiare insieme a lui e a tutta la sua famiglia il primo giorno dell’anno. Ne parleremo con padre Oliviero, missionario qui in Camerun.

La nostra giornata inizia intorno alle 11.
Il risveglio buono. Siamo rilassati e riposati.
All’ultimo momento, ieri, ci avevano avvertiti che oggi avremmo pranzato da Gaetan per festeggiare con loro il primo giorno dell’anno.
L’appuntamento è per l’una, ma poi, come al solito, tutto slitta. Arriviamo da Gaetan alle due.

La tavola è enorme, siamo in 17. Ci sono praticamente tutti: Gaetan, Julienne, Hélene, la mamma di David, Emilienne, la mamma di Pierre, Daniel, Larissa, Ivan, Alain e tutti i figli di Gaetan.
La tavola è stracolma d’ogni ben di Dio.

Mangiamo, commossi per l’ospitalità e il calore che, come sempre, ci dimostrano. Dicono che la nostra presenza rende quel primo giorno dell’anno ancor più speciale.
Finiamo di pranzare alle 4 del pomeriggio.

Gaetan ci raccontato di essere in contatto con un missionario, padre Oliviero Ferro. Ci fissa un appuntamento per le 7.

Incontriamo padre Oliviero nella sua parrocchia.
È un omino calvo, ma curato. Capello perfettamente tagliato e lavato, maglietta polo Lacoste, pantaloni chiari con le pence.
È un tipo molto sicuro di sé.

Nel buio vede Pierre e Alain che si dirigono verso la casa accanto alla chiesa. Li blocca. Grida loro qualcosa in francese, loro rispondono, lui si rassicura.
Ci dice che con questo buio e  le loro facce così nere non li aveva riconosciuti. Si calma. Capisco che è un tipo scafato ma costantemente all’erta.

Perfettamente a suo agio, in modo quasi brusco ci chiede cosa vogliamo da lui. Sembra aggressivo, ma capirò dai suoi racconti che deve avere imparato a stare molto attento.
Dopo i convenevoli entriamo nel cuore del nostro incontro. Giovanni ed io eravamo estremamente interessati a farci raccontare la sua esperienza in Camerun per capire meglio la realtà locale, perché la gente vive come vive, quali le maggiori difficoltà.

Fino ad oggi c’eravamo fatti qualche idea. Ma estremamente contraddittoria.
Parliamo della corruzione. Si dice che il Camerun sia il paese più corrotto del mondo.
Parliamo di politica, di come le cose potrebbero cambiare.

Sembra pessimista, padre Oliviero. Dice che contrariamente ai suoi principi, l’unico modo per uscire da un governo di fatto dittatoriale sarebbe quello di fare una guerra. Ma i camerunesi non la pensano così. È gente pacifica che pensa che forse un giorno le cose cambieranno.
Lui però è scettico sul fatto che loro abbiano qualche speranza di un futuro migliore.
Anche perché, ci dice, Paul Biya, il presidente-dittatore del Camerun, ha legami forti con Francia e Stati Uniti che lentamente e metodicamente stanno cercando di spodestarlo per assumere il controllo del paese. Loro sono interessati al petrolio.

Nel Ciad ce n’è molto e l’oleodotto costruito dagli americani attraversa tutto il Camerun per arrivare al posto più vicino al mare, Douala, centro dei commerci del Camerun.

Ma francesi e americani sono anche interessati a mantenere il controllo sulla guerra civile in Costa d’Avorio.
Navi americane nel golfo di Guinea controllano le coste dell’Africa occidentale, Camerun compreso.

Pare Oliviero ci racconta poi quanto negativo sia il ruolo dei mass-media nel paese e come non esista di fatto nessuna vera opposizione al governo attuale.

Il banditismo sta diventando un problema ogni giorno più serio perché i giovani non hanno speranza di lavoro e di futuro.

“Cosa accadrebbe se il Camerun fosse finalmente libero? Sarebbe possibile uno sviluppo compatibile con le risorse, la cultura, il modello sociale tipici di questa terra?”
“No. Tutto ormai è entrato nel meccanismo perverso della globalizzazione.”

Chiedo a padre Oliviero cosa accadrebbe se un giorno non esistesse più la dittatura, la corruzione e cioè se il Camerun fosse finalmente libero. Sarebbe possibile uno sviluppo compatibile con le risorse, la cultura, il modello sociale tipici del Camerun?
Lui risponde che no, perché ormai tutto è entrato nel meccanismo perverso – dico io – della globalizzazione.
Gli americani controllano il petrolio, i cinesi il mercato delle moto, i giapponesi quello delle automobili e di quasi tutta la tecnologia presente (non esistono i DVD ma i video CD ad esempio, che sono stati introdotti dai giapponesi e che non hanno competitori o alternative).

Giovanni ed io ce ne torniamo a casa un po’ più consapevoli ma anche un po’ più preoccupati per la situazione locale: sembra difficile un cambiamento in meglio e rispettoso, compatibile, sostenibile.

A casa scopriremo ben presto che ci aspetta una sorpresa: dentro alla zanzariera che protegge il nostro letto è entrato uno scarafaggio enorme: è un insetto che si ciba di tessuti e vestiti in genere. Cerchiamo di catturarlo. Ma niente. Scappa sotto il letto e ciao. Passerò la notte angosciata per paura di trovarmelo tra le coperte, cosa che puntualmente accadrà, argh!

Author Silvia Pittarello

Viaggiare è una palestra dove allenarsi alla tolleranza, all'umiltà, alla gestione del tempo. Viaggio più che posso e quando mi fermo scrivo, per raccontare viaggi, storie di impresa, di cultura e di scienza e organizzare e veicolare contenuti per interfacce web e mobile, come fa un bravo content specialist col pallino per il copywriting e lo storytelling.

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