Bafoussam-Yaounde 22 dicembre 2005

Bafoussam, 5.30 del mattino. Siamo in partenza per Yaounde, la capitale politica del Camerun, dove conosceremo Bertrand, il fratello di David.
Sono agitata e non mi sento particolarmente in forma: la fatica dei continui, spasmodici spostamenti di questi primi 3 giorni di viaggio mi ha messo a dura prova. Ma sarà divertente, a Yaounde, provare l’ebbrezza di prendere un taxi :)

Taxi da matti… Welcome to Yaounde

Nella stanza manca la luce. Non riesco a preparare una valigia decente e le informazioni di David sono parziali.
Tra vestiti e medicine dimentico un sacco di cose, e non so ancora che a Yaounde ci staremo 4 giorni.
Per fortuna il viaggio in autobus, che come al solito corre sparato noncurante di buche e dossi, procede tranquillo.

Bertrand, il fratello di David, ci aspetta al piazzale degli autobus, in centro a Yaounde, ci infila in un taxi e ci spedisce a casa sua.
I taxi di Yaounde sono gialli come i taxi newyorkesi e, come questi, è difficilissimo trovarne di vuoti.
Ma qui a Yaounde condividere il taxi con altri passeggeri è prassi comune, cosa che ritengo saggia e intelligente. Tuttavia un po’ mi ricredo non appena arriva il nostro.

Il nostro taxi, da cinque posti, contiene già sei persone! Io e Giovanni ci guardiamo perplessi, mentre Bertrand ci dice di non preoccuparci e di entrare. Ci stringiamo, cercando di insinuarci dove possibile. La scena ha del ridicolo. Mi ritrovo seduta davanti con altre due signore più la mia sacca, abbarbicate una sull’altra e con le gambe penzolanti tra una coscia del conducente e la leva del cambio. Con la coda dell’occhio osservo Giovanni. È stretto nella morsa di una donnona tutta tette, un signore sudato e rassegnato allo stritolamento e David, pacifico come sempre. Vedo che Gio fatica a respirare e suda, come quando gli capita di mangiar piccante, mentre David ridacchia divertito.

Quest’acqua? Ce n’est pas pour vous

A casa di Bertrand pranziamo. Ho sete. Afferro una bottiglia d’acqua sulla tavola e improvvisamente vengo placcata dalle cognate di Bertrand, che mi dicono: “No. Ce n’est pas pour vous”, e mi passano un’altra bottiglia, sigillata.
Capisco che si tratta di acqua del rubinetto, che loro, che son abituati, riescono a bere, ma che è pericolosissima per me, per Giovanni e, dopo 10 anni, anche per David. Care, si preoccupano per la nostra salute.

Adeline e le sorelle a Yaounde

Bertrand vive con la moglie Adeline e i due figli, Blondel Gaitan e Blondine Lucresse, due gemellini, in una casetta in centro a Yaounde.
Da quel che capisco la casa è sempre piena di gente: di donne, che si prendono cura dei piccoli gemellini quando Adeline è al lavoro; di amici di Bertrand e Adeline, con i quali passano il tempo chiacchierando, raccontandosi storie e guardando la grande TV che Bertrand possiede.
La casa è piccolina e modesta, ma tranquilla e protetta da un muro che la separa dalla strada. Gli interni mi ricordano le case popolari italiane degli anni ’50: arredamenti poveri, tappezzerie ordinarie, muri biancastri con qua e là qualche quadro e foto: quella dell’immancabile Paul Bya, una o due immagini di famiglia un po’ ingiallite, e qualche paesaggio un po’ naïf, di quelli sbrilluccicanti, fatti con colori cangianti, iridescenti.

David e il fratello parlano in un francese veloce, per me incomprensibile. Sono quasi 10 anni che non si vedono, da quando cioè David decise di venire a studiare in Italia per prendersi una seconda laurea e trovare un lavoro.

No foto! Ci vuole il permesso

Io e Giovanni usciamo a fare due passi e qualche foto nei dintorni. I bambini, non appena vedono i nostri visi pallidi, ci corrono incontro e ci assalgono, divertiti. Quando capiscono che la macchina fotografica fa “certe magie” (è una reflex digitale con un display) veniamo letteralmente sequestrati. Son troppo belli e troppo simpatici per non fotografarli. Si mettono in posa, fotografiamo, mostriamo loro il risultato e giù tutti a ridere. Si rimettono in posa, ora da veri duri, ora da monelli, scattiamo e via risate a crepapelle nel vedere le loro facce dentro alla macchina.

Bimbi e foto a Yaounde Camerun

Ma il gioco finisce presto. Un adulto, sui 55, ci ferma dicendoci che non possiamo fotografare né bambini né adulti e, se vogliamo proprio farlo, abbiamo bisogno di un permesso. Io e Giovanni non capiamo ma sappiamo di dover rispettare le loro regole e con la coda tra le gambe e grande delusione da parte dei bambini, rientriamo in casa. Domani andremo in municipio a richiedere un permesso cartaceo.

Torniamo in albergo, allo Xaviera Hotel, in super centro a Yaounde.
Io sono provata. Sono stati 3 interminabili giorni di viaggio.
Dopo un sonno ristoratore, alle 7 di sera ci rimettiamo in movimento. Doccia, aperitivo, quindi cena di nuovo a casa di Bertrand, dove conosciamo Adeline, sua moglie, una giovane donna dall’aspetto fiero ma molto, molto dolce e curiosa. Passeremo con loro e con David una serata davvero piacevole.

Xaviera hotel Yaounde
Siamo in Camerun da soli 3 giorni e abbiamo già fatto tappa in 3 città: Douala, Bafoussam, Yaounde, e conosciuto tantissime persone.
Fino ad oggi il nostro viaggio non è stato facilissimo, per via degli spostamenti, della scarsa igiene, del caldo, del fatto che io e Giovanni non siamo liberi di decidere cosa fare. David ci controlla perché ha paura che ci accada qualcosa. Ma finora per noi il solo fatto di poter conoscere e condividere storie con genti di altre culture è già avventura.

E tu? Che ne pensi?
La tua opinione è importante per me. Sarei felice di sapere cosa pensi di questa piccola storia.

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Direzione Bafoussam, Camerun orientale Camerun, coeur d'Afrique Racconti dal Camerun

 

Author Silvia Pittarello

Viaggiare è una palestra dove allenarsi alla tolleranza, all'umiltà, alla gestione del tempo. Viaggio più che posso e quando mi fermo scrivo, per raccontare viaggi, storie di impresa, di cultura e di scienza e organizzare e veicolare contenuti per interfacce web e mobile, come fa un bravo content specialist col pallino per il copywriting e lo storytelling.

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